Di Annachiara Mottola di Amato
Da alcuni anni sui nostri schermi è approdato un nuovo tipo di serie tv, le dizi turche, che hanno riscosso un enorme successo riportando in auge uno stile di serialità che sembrava destinato a scomparire.
Noor, Daydreamer, Fatma, Black money love, Ethos, Love 101, Il secolo magnifico, The Last Emperor sono alcuni dei titoli più famosi che hanno ampliato l’influenza dell’industria televisiva turca anche al pubblico europeo. L’influenza della Turchia in questo settore, infatti, appare in crescita già da diversi anni e il mercato europeo è solo l’ultima fetta di audience conquistata. Prima è toccato all’America latina, alla Corea del Sud, alla Cina, alla Russia e soprattutto al mondo arabo, in cui l’egemonia di Ankara appare oggi incontrastata.
Il mondo delle musalsalat (corrispettivo in arabo delle soap opera) è stato conquistato dai prodotti turchi che hanno scalzato il primato di Egitto, prima, e Siria, poi.
L’industria televisiva turca è riuscita quindi in poco tempo a diventare la seconda al mondo dopo quella statunitense e si stima che esporti ogni anno 350 milioni di dollari in prodotti televisivi con la possibilità di salire a un miliardo entro il 2023. Il peso crescente di questo potere culturale fa parte di una strategia di soft power più ampia del Paese che mira a conquistare nella regione un ruolo di guida. Farlo attraverso l’appeal delle serie tv, costruite per soddisfare diversi tipi di pubblico a metà tra modernità e tradizione, si è dimostrato particolarmente efficace. E’ proprio questo mix di conservatorismo e innovazione a decretare il successo della serialità turca nel mondo arabo, cosa che da alcuni anni preoccupa molti difensori di letture conservatrici dell’Islam che hanno colpito con fatwa (opinioni giuridiche) di condanna diversi personaggi delle serie tv, giudicati come esempi di immoralità per i fedeli.
In particolare è l’immagine di uguaglianza tra i generi veicolata dalle serie turche a rappresentare la novità più significativa per l’immaginario sociale e il sistema di valori della regione. In un articolo del quotidiano egiziano “Al-Ahram” si evidenzia come le musalsalat turche costituiscano un attacco all’unità delle famiglie arabe per la modalità in cui presentano le relazioni tra uomini e donne. In realtà, ad un livello appena sotto la superficie, appare chiaro come temi quali l’emancipazione della donna o la rottura di tabù relativi alla carriera professionale e la violenza di genere si inseriscano all’interno di una cornice che rimane patriarcale. In Fatma, ad adempio, si affronta il tema della violenza verso le donne ma la protagonista, vittima di uno stupro di gruppo, riesce nel finale a ritrovare la piena serenità solo all’interno della cornice familiare. Insomma, empowerment sì, ma continuando ad aderire allo schema normativo di moglie e madre prima di ogni altro ruolo.
Accanto ai prodotti pensati per gli spettatori arabi ci sono altri tipi di soap opera made in Turchia che sono finalizzate ad altri scopi. Ad esempio Muhteşem Yüzyıl (Il secolo magnifico), incentrata sulla figura di Solimano il Magnifico, uno dei sultani più importanti nella storia dell’Impero Ottomano, che è riuscita a riscuotere un grande successo in patria e all’estero, riaccendendo l’interesse verso la storia turca e la comune identità ottomana persino nei Balcani, uno dei teatri degli scontri con l’antico Impero.
Si tratta quindi di un’operazione culturale ad ampio spettro che diversifica i suoi prodotti a seconda del target su cui intende fare presa. Per il pubblico occidentale, prevalentemente femminile, le storie d’amore old school, rassicuranti e a lieto fine, che sembrano invertire la rotta rispetto all’evoluzione dello stile di serialità americano in voga oggi. Per il pubblico arabo, invece, a funzionare è la resa sullo schermo di una società secolarizzata e moderna che però non dimentica i valori tradizionali della famiglia e della comunità. Nessuna scena di nudo, nessuna parolaccia. Le musalsalat turche sono adatte per le famiglie riunite la sera davanti alla tv, accompagnandole per mano e senza troppi scossoni ad affrontare temi ancora controversi.
La crescita dell’industria culturale di Ankara appare oggi inarrestabile.
E’ per questo che anche il colosso Netflix, fiutando l’affare, ha iniziato da alcuni anni ad acquisire i diritti delle serie più famose come Fatma e 50M2. La “netflificazione” delle soap turche dimostra il successo dell’operazione di soft power di Ankara che in poco tempo ha conquistato gli schermi di tutto il mondo.
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