di Gaia Stanzani
Orange Fiber è un’azienda Siciliana sostenibile che produce tessuti usando i sottoprodotti degli agrumi. Fondata nel 2014, l’azienda è un vero e proprio pioniere del trend della moda sostenibile ed è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 7 anni, vincendo numerosi premi come il Premio Nazionale per l’innovazione nel 2016 ed il Technology and Innovation Award nel 2017. Nel 2017 Orange Fiber ha collaborato con Ferragamo per creare una linea di vestiti che è stata selezionata dal Victoria and Albert Museum per far parte della mostra sostenibile “Fashion from Nature”. Le due fondatrici Adriana Santanocito ed Enrica Arena sono riuscite a prevedere il trend sostenibile
Come avete gestito il processo di Crowdfunding che ha lanciato la vostra start-up e cosa secondo voi lo ha reso di successo?
L’abbiamo gestito con un’attenta pianificazione prima di lanciarla, quindi abbiamo lavorato alla campagna offline per un anno. Abbiamo cominciato facendo un’intervista alle varie piattaforme per capire quale avesse le condizioni e la base utenti più affine al tipo di progetto che portiamo avanti, quindi sostenibile ma anche con una caratteristica di produzione industriale e non solo digitale. Le richieste della piattaforma ci hanno aiutato a capire cosa è necessario per poter presentare una campagna. In base a queste richieste abbiamo individuato i professionisti che ci hanno supportato nella scrittura del Business Plan e nella verifica delle ipotesi per arrivare ad una valutazione dell’azienda che è stata negoziata con la piattaforma. Una volta che è stato ben definito il Business Plan abbiamo iniziato a lavorare per trovare gli anchor investors. Abbiamo cercato di organizzare la campagna di crowdfunding compatibilmente ad altri eventi che avrebbero avuto un riscontro più mediatico. Dopodichè abbiamo contattato un’agenzia di comunicazione con cui realizzare attività di tipo più strategico e grafico quindi creare video e contenuti dedicati per i diversi canali social per la campagna di crowdfunding. Creare la campagna di per sé poi include anche tutta una serie di eventi offline, ufficio stampa e momenti di webinar.
Ha contribuito la strategia di social marketing al successo del progetto?
La strategia è stata condotta per la maggior parte dalla piattaforma che abbiamo ingaggiato, fa parte dei servizi che offre. Noi abbiamo fatto una serie di sponsorizzazioni però partivamo da una base di utenti che conosceva il progetto e che aveva un interesse in quello che stavamo facendo magari non particolarmente profilata come investitori pero’ avevamo una base di circa 10 k followers per piattaforma quindi non partivamo da una presenza social debole. Quella base l’abbiamo costruita nel tempo in modo organico quindi non con campagne di acquisizione click o sponsorizzazioni varie.
Come è nata l’idea del tessuto sostenibile e quali competenze tecniche sono servite per poterlo concepire e creare?
L’idea risale al 2012-13 quindi a un periodo durante il quale la sostenibilità ma soprattutto l’idea del recupero dei materiali non era ancora cosi centrale nella discussione sulla moda ed è nata da una intuizione creativa della cofondatrice che ha studiato Moda a Milano e durante i suoi studi ha iniziato a approfondire il tema dei materiali sostenibili e ha ipotizzato di poterne fare uno a partire dalle arance. Da quella prima intuizione a mettere in piedi una produzione che potesse farlo in modo scalabile e industrialmente valido il percorso è stato complesso. La nostra azienda ha sempre avuto due anime, una comunicativa più vicina al mondo della moda e della sostenibilità ed un’altra un po’ più industriale chimica ed era quella più debole inizialmente. Per questo motivo nella prima fase del progetto abbiamo collaborato con il Politecnico di Milano. Dal 2018 abbiamo inserito in azienda un CTO, oggi socio, che ci ha supportato nello sviluppare il processo produttivo attuale che è stato ottimizzato in modo da essere molto più solido e scalabile
Come funziona il processo di fabbricazione?
Partiamo dai resti delle spremute alimentari, lavoriamo con le aziende agrumarie senza marchio che trasformano arance in succo e le rivendono ai marchi che le imbottigliano. Il 60% del peso originale dell’arancia diventa sottoprodotto o scarto, buccia, semini etc. Da questo andiamo a recuperare e ad estrarre una cellulosa adatta alla filatura che viene inviata in Austria ad un nostro partner – Lenzing – il quale trasforma la cellulosa in fibra tessile che viene riportata in Italia, dove con l’aiuto dei nostri fornitori viene trasformata in tessuto
Una volta idealizzato il progetto, Quanto tempo ci è voluto per sviluppare il primo tessuto da vendere sul mercato?
Dall’idea alla presentazione almeno 3 anni. A portarla veramente sul mercato ce ne sono voluti 4-5 col primo prodotto che fu venduto direttamente da Ferragamo. Ci siamo poi messi di nuovo a lavorare sul processo produttivo per avere un processo più scalabile e sostenibile ed il nuovo prodotto lo abbiamo appena presentato sul mercato nel 2021, quindi la strada è stata lunga e tortuosa.
Avete pensato alla possibilità di espandere il progetto e usare altri materiali sostenibili oltre alla buccia di arancia e produrre tessuti che possono essere usati al difuori del mondo della moda e dell’arredo?
Sull’applicazione del nostro prodotto fuori dal mondo della moda, quindi per esempio nel mondo del tessile casa o del design d’intern, stiamo già valutando collaborazioni con partner produttivi specializzati in questo tipo di tessuti. Il primo prodotto che abbiamo presentato sul mercato nel 2015 aveva dei limiti di performance che lo rendevano poco adatto a questo tipo di applicazioni, con il prodotto che abbiamo appena presentato invece ci sarà sicuramente la possibilità di immettersi in altri settori. Il nostro processo è un processo brevettato per tutti gli agrumi, quindi dal punto di vista di altri materiali di partenza si potrebbe fare anche con altri sottoprodotti agrumari, per ora però ci siamo concentrati esclusivamente sulle arance.
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