di Mario Tosetti
Esauriti tutti i passaggi formali in Italia, Giorgia Meloni si prepara per il suo debutto a Bruxelles in veste da premier. L’appuntamento è fissato per il 3 novembre, giorno in cui la presidente del Consiglio incontrerà prima Roberta Metsola, la presidente del Parlamento europeo e poi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e infine il presidente del Consiglio europeo, Charles Michael. Fonti europee guardano con curiosità mista a sospetto alla scelta di Giorgia Meloni di andare a Bruxelles a pochissimi giorni dal suo insediamento, ad ogni modo l’Europa fa sapere che “non c’è alcun tipo di interferenza nei fatti interni agli stati membri” e che si guarda “non alle ideologie, ma alle azioni”. Meloni, dal canto suo, durante la campagna elettorale si è espressa in più circostanze in maniera critica sull’Ue, non nascondendo l’aspirazione a modificare alcune norme a partire dal patto di stabilità. Tuttavia, è la volontà di modificare alcune disposizioni del Pnrr a suscitare il sospetto nei vertici della Commissione. Perché il Pnrr – come più volte ribadito dall’ Istituzione europea- può essere cambiato ma in “casi eccezionali” e solo dopo una “valutazione rigorosa” dell’esecutivo. Si attende, poi, di conoscere in quale modo la leader della coalizione di centrodestra intende affrontare la delicata questione dei migranti.
A Bruxelles comunque si tratterà solo dell’esordio in quanto ad attendere la leader di Fdi ci sono diversi appuntamenti in giorno per il mondo: dalla COP27 a Sharm El-Sheik al G20 a Bali. A questo proposito Meloni sta sondando il terreno. Dopo l’incontro face to face con il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto un colloquio telefonico sia con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, sia con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Nella telefonata con Scholz la presidente del Consiglio ha esordito ribadendo il pieno sostegno dell’Italia all’Ucraina per poi passare a riaffermare la necessità di arginare il caro bollette e carburanti. Il messaggio della nuova inquilina di palazzo Chigi è che occorre agire in fretta, sebbene siano stati compiuti importanti passi in avanti a livello europeo la svolta decisiva del price cap non è ancora arrivata proprio a causa delle resistenze di Germania e Paesi Bassi. Meloni e Scholz hanno, inoltre, parlato dei flussi migratori, crescita economica e in generale consolidato la partnership tra Roma e Berlino.
Decisamente più concentrato sulle questioni interne il leader del Carroccio Matteo Salvini che in veste di ministro delle Infrastrutture rispolvera un progetto dall’eco lontana. “Dopo 50 anni di attesa per il Ponte sullo Stretto c’è una parola certa”, ha detto Salvini in occasione del 66° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia in corso a La Spezia. ”I primi documenti ufficiali – ha spiegato – che ho visto, risalgono al 1969 e per me che sono nato nel 1973 è un orgoglio farlo”.
”Il Ponte sullo Stretto potrebbe essere un simbolo, così come lo è stato il Ponte di Genova, che dimostri l’efficienza degli ingegneri italiani. Ho già fatto la prima riunione operativa con i tecnici. C’è già un’ipotesi di costo e di tempistica. Ci sono tempi e costi, l’insularità a siciliani e calabresi costa 6 miliardi all’anno. Ho già fatto la prima riunione operativa informale con una decina di docenti universitari, ingegneri ed esperti su questo tema. Quando uno mi dice non si può fare o me lo certificano oppure io voglio andare fino in fondo”, ha affermato Slvini che ha precisato, “C’è già un ipotesi di costo e di tempistica. Qui però abbiamo a che fare con una società in liquidazione dal 2013, con un esborso in questi anni di 300 milioni di euro per un non ponte. Un progetto c’è. Il governo uscente a settembre ha messo altri 50 milioni di euro per studiare altri futuribili progetti. Conto che nei prossimi mesi ci sia finalmente una parola certa”.
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