Un discorso memorabile del Capo dello Stato tenuto a Trieste durante la Settimana Sociale dei Cattolici non compreso dai giornali e scivolato via sul web come una storia su Instagram o un semplice tweet
di Guido Talarico
L’importanza del discorso sulla democrazia che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto alcuni giorni fa a Trieste durante la Settimana Sociale dei Cattolici è sfuggita a molti. Per la verità a troppi. Il che è l’ennesimo segno di come anche la comunicazione tradizionale, quella che ormai in edicola raccoglie poche centinaia di migliaia di copie, si veda costretta a inseguire la superficialità tipica del web e dei social network. Un vero peccato perché il discorso del Presidente Mattarella, ad ascoltarlo con la dovuta attenzione e inquadrandolo in questo momento storico anche rispetto a tutto quello che sta accadendo in molte democrazie occidentali, è di quelli che senza retorica può essere catalogato come memorabile.
E invece purtroppo è scappato via come i milioni di post che animano quotidianamente il web. La cultura dell’immagine del resto incoraggia la produzione e l’uso di contenuti brevi e veloci come tweet e “storie”, che non favoriscono riflessioni approfondite né discussioni dettagliate. Così tutto tende a scivolare via, compresa la capacità dell’opinione pubblica di capire realmente cosa gli stia accadendo intorno. Per non parlare poi delle cosiddette “echo chambers”, vale a dire quell’effetto eco creato dagli algoritmi che dominano il web. Programmi che in sostanza tendono a mostrare di continuo contenuti che confermano le opinioni dei singoli utenti, creando così “bolle” informative rassicuranti, dove si evita il confronto con punti di vista diversi e più complessi.
Un vero peccato, come dicevamo, perché Mattarella, pur non rinunciando ai consueti toni istituzionali, a Trieste è volato altissimo sul tema più importante che oggi l’occidente (come le difficoltà francesi, tedesche e americane stanno drammaticamente a testimoniare) si trova a dover affrontare, che è appunto il futuro della democrazia. Il Presidente nel suo intervento ha sottolineato come la parola “democrazia” pur ampiamente utilizzata, il che la identifica ancora percepita come un valore universale, sia spesso strumentalizzata a sostegno di tesi di parte. Non a caso il Capo dello Stato ha ricordato come le dittature del Novecento l’abbiano considerata un nemico, mentre gli uomini liberi l’hanno fatta propria.
Il Presidente ha così citato Alexis de Tocqueville, il quale sosteneva che una democrazia senza un’anima è destinata a implodere e ha ripreso anche le parole del suo predecessore, Giorgio Napolitano, che durante la Biennale della democrazia del 2009, sottolineava l’importanza assoluta dei principi democratici che la Costituzione italiana garantisce.
Uno dei passaggi chiave del discorso triestino è poi arrivato quando Mattarella ha ribadito che la democrazia non è solo un insieme di regole, ma una pratica viva che coinvolge e rispetta i diritti di tutti. Citando Norberto Bobbio sulla necessità di condizioni minime come l’eguaglianza del diritto di voto e la tutela delle minoranze, Mattarella ha ricordato una verità semplice. Una verità che la dilagante astensione elettorale fa emergere come la piaga delle piaghe e cioè che senza una partecipazione attiva dei cittadini, i diritti fondamentali si indeboliscono.
In questo suo discorso di forte matrice costituzionalista, che anche per questo immaginiamo particolarmente sentito, Mattarella ha poi allargato l’orizzonte riflettendo sulle difficoltà moderne della democrazia, influenzate anche da problemi ambientali, sanitari e tecnologici. La democrazia, ha detto, deve essere costantemente rinnovata per affrontare i rischi della contemporaneità. Il Presidente è quindi arrivato al tema della pace, citando Pio XII e Papa Francesco e sottolineando quanto la guerra soffochi ogni democrazia, non solo quella ucraina. E a questo punto ha rimarcato l’importanza di una sovranità europea per rafforzare la democrazia e la pace nel continente.
Ho prima letto il discorso del Presidente Mattarella e poi, per coglierne meglio anche le sfumature, sono andato ad ascoltarlo in una registrazione video. A questo punto mi è tornato in mente uno scritto che mi era capitato di leggere tanti anni fa e che serbo nella mia testa come un discorso memorabile. E’ il cosiddetto “Gettysburg Address”, un intervento che Abraham Lincoln pronunciò nel 1863 quindi durante la Guerra Civile Americana. Lo ricordo perché in quella drammatica circostanza anche il Presidente Americano si espresse con tutta la sua eloquenza per sottolineare l’importanza della democrazia e l’uguaglianza di tutti gli uomini. Le sue parole “governo del popolo, dal popolo, per il popolo” da allora sono diventate un emblema della democrazia.
A Trieste Mattarella, parlando davanti ad una prestigiosa e a lui cara assise cattolica, ha tentato di portare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e continentale dinanzi alle difficoltà che stiamo vivendo, lanciando moniti, ma indicando anche la via da seguire. Come fece un altro leader illuminato come il Mahatma Gandhi quando rivolto ad una nazione povera, classista e lacerata disse “La democrazia disciplinata e illuminata è la cosa più meravigliosa del mondo“. So purtroppo che in Francia il discorso fatto a Trieste da Mattarella sarà stato letto o ascoltato da pochi. Ed è, lo ripeto, un vero peccato perché è proprio dalle sue parole che occorre ripartire per trovare il bandolo della matassa del nostro futuro. Una ricerca che in queste ore a Parigi ricorda molto quella proustiana.
E per venire al nostro Paese, dove l’astensionismo ha assunto dimensioni allarmanti, il fenomeno del non voto si può affrontare e forse ridurre comprendendo e assimilando discorsi come questo di Trieste. Interventi che portino l’opinione pubblica a riflettere sul rapporto di dipendenza che esiste tra libertà e democrazia e a maturare il convincimento che, come diceva Gaber, “libertà è partecipazione”. Il Capo dello Stato con il suo intervento va proprio in questa direzione entrando nel solco del “Discorso agli ateniesi” dove Pericle nell’elencare i meriti della democrazia greca scriveva “Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore”.
E qui, chiudendo, riprendo il discorso sulla comunicazione fatto all’inizio. La politica di oggi raramente riesce a toccare le corde più importanti della coscienza popolare. Perché questa spesso manca di contenuti e di capacità e altrettanto spesso perché usa poco e male il web, che rimane relegato al ruolo di strumento di propaganda dei più facinorosi e non di formazione qualificata. Sarebbe ora di cambiare queste dinamiche. Discorsi come quello di Mattarella sulla democrazia dovrebbero arrivare non soltanto a quei pochissimi che ancora ricercano le edicole sopravvissute (e che in questo caso sarebbero rimasti comunque delusi), ma anche ai nuovi elettori che sono diventati la maggior parte e che formano il proprio credo e la propria coscienza civica navigando sul web. Se non si riuscirà a parlare con loro la democrazia, se così si potrà ancora definire, resterà in mano di google, facebook e tiktok.
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