La più grande azienda nazionale di difesa, che vive una fase di forte crisi, è al bivio: risanata o destinata a essere preda straniera, oppure a diventare una nuova Ilva o Alitalia? Eni e Poste verso la conferma. Tutte le indiscrezioni della stagione delle nomine appena cominciata
di Ennio Bassi
Con la stagione delle nomine nelle società controllate e partecipate dallo Stato già entrata nel vivo, ma non ancora decisa, può essere utile analizzare come possono cambiare le cose nelle prossime settimane, chi rischia e chi no. Cominciamo col dire che le principali società controllate su cui si sofferma naturalmente l’attenzione mediatica sono le solite: ENI, ENEL, TERNA, Poste Italiane e Leonardo. Ognuna ha una sua specificità, ma è a quest’ultima, che sta vivendo una fase di crisi evidente, che sarà utile dedicare un approfondimento maggiore.
Ma andiamo con ordine e partiamo dalla testa. Con riferimento a questa delicata fase di transizione, i problemi del nuovo Governo di centro destra sono facilmente identificabili. Il più evidente è la necessità di recuperare il controllo gestionale delle società pubbliche ad alto valore strategico dopo 10 anni di governo a prevalenza di centro sinistra e quindi guidate da manager legati nella maggior parte dei casi al Partito Democratico. La seconda questione che il Governo di Giorgia Meloni dovrà affrontare è la necessità di trovare profili manageriali adeguati alla gestione di queste aziende. E non è un tema di facile soluzione essenzialmente per due ragioni: la prima è che trattasi di business complessi, che necessitano di professionalità molto specifiche; la seconda risiede nel fatto che il partito del premier, vale a dire Fratelli d’Italia, ha una giovane età e quindi una scarsa tradizione nella crescita di manager capaci di gestire industrie che operano in settori sofisticati come quello dell’energia o degli armamenti.
Un’altra questione che il Presidente del Consiglio e il suo team addetto alle nomine dovrà affrontare con la dovuta risolutezza risiede nella necessità di porre riparo ad alcune situazioni di oggettiva difficoltà createsi negli ultimi anni, complice anche il COVID e l’inflazione. Insomma, alcune aziende, data la crisi attuale, devono essere gestite da mani solide e menti lucide ed esperte se non vogliono rischiare il collasso. Un altro obiettivo fondamentale per alcune delle nostre aziende pubbliche maggiori è quello di raggiungere un adeguato posizionamento internazionale, visto che a livello europeo il legame politico tra Francia e Germania è sempre molto forte, considerato che la Brexit ha ulteriormente rafforzato il rapporto tra Gran Bretagna e Stati Uniti, e soprattutto in ragione delle forti attività di fusioni e acquisizioni condotte da altri gruppi internazionali quali Thales, BAeSystems e Airbus.
In questo scenario geopolitico e di mercato alquanto competitivo, va detto che vi sono alcune realtà che vanno verso la riconferma. Ci riferiamo ad ENI e in una certa misura anche a Poste. In questi casi il combinato disposto di una solida leadership, di una sana gestione e di un buon posizionamento strategico rendono la situazione alquanto stabile, con i rispettivi management destinati a restare al loro posto.
Altre realtà non di primissima fascia, come ad esempio Terna, appaiono invece come anche in passato soggette ad una logica di “compensazione” per garantire equilibri politici senza per questo mettere a rischio un mercato sufficientemente protetto. Poi vi sono degli osservati speciali, come ad esempio Cassa Depositi e Prestiti e Ferrovie dello Stato. Nessuna delle due è in scadenza (se ne riparlerà tra un anno) ma entrambe sono così importanti da meritare un’attenzione particolare da parte del Governo. Un altro esempio di questo tipo è il GSE (Gestore dei Servizi energetici), dove Carlo Ripa di Meana, avvocato di stretta nomina e fede draghiana, è addirittura amministratore unico – e quindi ha un’irrituale quanto enorme autonomia gestionale – dell’ente pubblico garante e promotore dello sviluppo sostenibile del Paese. Un potere importante che il Governo vorrà dunque quanto meno monitorare. Come sotto osservazione è l’Ad della Rai, Carlo Fuortes, anche lui draghiano, anche lui non in scadenza, ma già sotto pressione in consiglio.
Quello di Enel è invece un caso a parte. L’azienda leader mondiale delle rinnovabili è ben gestita e ha dimostrato di avere visione e capacità di realizzare i propri progetti, anche in anni di crisi drammatici come il 2022 che l’ha vista costretta a rapide dismissioni per far fronte alle perdite subite a causa del conflitto in Ucraina. L’Ad Francesco Starace, da sempre attento fautore di una forte indipendenza gestionale, non sembra essere amato dal ramo leghista di questo governo, almeno sponda Salvini. Vedremo.
Molto più complicata, come dicevamo, è invece la situazione in Leonardo, una delle aziende leader mondiale nella produzione di sistemi di difesa, che merita un’analisi più approfondita. Qui Alessandro Profumo sta completando il suo secondo triennio. Una gestione che doveva essere caratterizzata da un rinforzamento del posizionamento internazionale e dell’espansione all’export ma che invece ad oggi presenta forti incertezze rispecchiate nella valorizzazione di Borsa: Leonardo, che oggi veleggia poco sopra i 9€ ad azione a fronte degli oltre 16€ ad azione raggiunti nell’ultimo periodo della gestione precedente, cioé nel 2017.
Ad oggi Leonardo, che fino a qualche anno fa si chiamava Finmeccanica, ha una capitalizzazione di borsa pari a circa 5 miliardi di euro, un terzo rispetto al fatturato complessivo di 15 miliardi, segno evidente di una debolezza strutturale e strategica ben percepita dagli investitori e del resto riflessa nello stato patrimoniale della società, che mostra tuttora forte indebitamento reale e una generazione di cassa ben al di sotto dei benchmark di settore. Insomma, l’analisi dei numeri non aiuta certo la gestione uscente.
Di fronte ad uno scenario così compromesso, quali sono gli obiettivi prioritari che dovranno essere perseguiti dal nuovo management della società? Il primo tema è certamente un recupero della fiducia dei mercati, attraverso una concentrazione sui business in cui può essere espressa una leadership e la creazione di opportuni accordi o Joint-venture nei settori destinati a rimanere in posizione da “cenerentola” per mancanza di massa critica e/o di adeguati investimenti. Rinforzamento del posizionamento internazionale, in particolare per quanto riguarda alcuni dei settori di business in maggiore difficoltà dal punto di vista strategico, come quello dell’Aeronautica e delle Aerostrutture.
Poi ci sarà bisogno di una forte spinta verso l’export, dove negli ultimi anni alla competizione “tradizionale” di USA e Francia si sono aggiunti altri competitors, in particolare israeliani e turchi, e di un consolidamento delle capacità nazionali nel campo della Difesa, armonizzando quanto ad oggi posseduto dalla stessa Leonardo, da Fincantieri e da Iveco, oltre ad una larga fascia di PMI tra cui primeggia per competenze e valore la Elettronica SpA.
Prioritario è anche il rinnovamento del portafoglio prodotti di alcune aree dove gli ultimi investimenti significativi sono stati messi in campo due o addirittura tre decadi orsono. Esemplare il caso degli Elicotteri, dove il successo sul mercato del AW-139 (concepito negli anni ‘90) ha oscurato ad oggi la necessità di un riposizionamento nel settore militare, in particolare verso le nuove tecnologie del Future Vertical Lift di matrice US che incombe su diversi mercati anche Europei.
Vi sono poi una serie di altre questioni, non di secondaria importanza, che riguardano Leonardo e che qui proviamo a sintetizzare: 1) Ricerca di un ruolo per la Divisione ICT e Cyber, oggi marginalizzata su un mercato molto competitivo e relegata a fornitore interno al Gruppo di servizi IT, incapace di cogliere le opportunità offerte dal settore più dinamico tra quelli in cui opera Leonardo. 2) Ristrutturare il Gruppo per cogliere tutte le opportunità di mercato con il giusto fattore di scala ed allo stesso tempo avere la capacità di stringere accordi mirati a livello Europeo per i singoli settori. 3) Realizzare nel corso di un mandato triennale un miglioramento significativo dello stato patrimoniale della Società. 4) Recuperare il pieno rapporto di fiducia con le Forze Armate ad oggi fortemente deluse dall’assenza di scelte e proposte concrete degli ultimi 10 anni è sempre più spesso attratte da offerte di fornitori esteri.
Questa situazione dimostra che chi sarà chiamato a gestire Leonardo dovrà necessariamente avere alcune caratteristiche che nel recente passato sono state largamente trascurate. Vediamone alcune: 1) Capacità di gestire strutture complesse con migliaia di addetti, che spaziano ad oggi dall’Aeronautica Militare all’ICT Civile passando per Elicotteri, Elettronica, Missili e Spazio. Dovrà essere dimostrabile l’esperienza nella gestione aziendale di strutture organizzate per commesse di vendita, verso Clienti Italiani ed Esteri. 2) Conoscenza della catena del valore delle forniture militari, costituita in particolare dalla rete di PMI che da anni coopera con successo con Leonardo su molteplici imprese nazionali ed export. 3) Conoscenza profonda dell’ambiente industriale Europeo e dei principali partners e competitors europei e mondiali, unità a familiarità con i Ministeri della Difesa degli altri Paesi Europei. 4) Capacità di proposizione sul mercato Export, con approfondita conoscenza dei prodotti e delle dinamiche associate alle grandi forniture militari ed all’approccio G to G. Questo è un punto particolarmente delicato, in quanto le forniture militari sono un elemento strettamente legato alla Politica Estera dei Paesi e in tale accezione richiedono una profonda comprensione del Sistema Paese e delle reali possibilità di successo. 5) Conoscenza approfondita dei processi alla base delle forniture per il Ministero della Difesa Italiano e dei programmi in cooperazione, con legame già consolidato con i principali “decision makers” a livello di Forze Armate. 6) Capacità di impostazione di un piano strategico per ciascun settore, che copra l’evoluzione delle singole Divisioni e Società di Leonardo nei prossimi 10 anni, sulla base anche delle iniziative già avviate o condotte con alterni successi negli ultimi 20 anni.
Insomma, la credibilità ed il successo di questo Governo, soprattutto in anni di crisi come questi, si basano molto anche sulla capacità delle aziende pubbliche di funzionare bene e produrre reddito. Il caso di Leonardo è emblematico. Il Governo ha oggi l’occasione di rimettere sulla giusta linea un nostro gioiello nazionale. Un’azienda gloriosa che ha già dimostrato negli anni precedenti il 2016 di poter ottenere successi eccezionali anche rispetto a competitor globali di maggiori dimensioni e su mercati tutt’altro che “captive”. La vera incognita è se la scelta del management sarà effettuata secondo criteri e logiche industriali e di mercato oppure solo in base a sensazioni, emotività e logiche di immagine.
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto è l’attore principale di questa scelta. E lo è per ragioni evidenti: vale a dire per il ruolo ricoperto, per la credibilità politica e per il prestigio internazionale che possiede. Crosetto ha ben presente la situazione con le sue criticità e le sue opportunità, semplicemente perché ha frequentato l’ambiente della Difesa negli ultimi 20 anni. La sua conoscenza delle persone e delle aziende, oltre che dei mercati, è capillare. Questo fa ritenere che alla fine la scelta sarà pragmatica e orientata a favorire chi ha le competenze e le capacità di far rinascere una storica eccellenza italiana. Viceversa, prepariamoci ad assistere ad un altro capitolo della saga nazionale “delitti pubblici di aziende di stato”. La stessa che ha avuto come sfortunati protagonisti Alitalia o Ilva e che in questo caso porterebbe Leonardo dritto in bocca ai francesi o agli americani.
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