Il mandato a Fico dimostra la fine di Conte per mancanza di maggioranza e la ragione di Renzi quando chiedeva maggiore impegno sui temi chiave. Le possibilità di Fico per portare il paese fuori dallo stallo, il ruolo di Grillo
di Guido Talarico
Il primo passo della strategia che avevamo preannunciato 15 giorni fa, vale a dire il conferimento dell’incarico a Fico, si è avverato: ieri il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dato al Presidente della Camera, Roberto Fico, un mandato esplorativo per vedere se Conte ha ancora i numeri per governare o se esistono nomi alternativi. Il che è un iter formalmente incontestabile. Mattarella una volta aperta la crisi ha subito incontrato lo stesso Conte e gli ha dato occasione di verificare se avesse una maggioranza, poi, quando l’armata Brancaleone dei “costruttori” ha mostrato numeri insufficienti, ha aperto le consultazioni, quindi ha affidato il mandato esplorativo alla personalità che ha i requisiti migliori sia in termini politici, visto che rappresenta il partito di maggioranza relativa, sia in termini istituzionali, visto che è la terza carica dello stato.
Ora Fico ha tempo fino a martedì per verificare ancora una volta se Conte potrà di nuovo essere sostenuto da una maggioranza qualificata e solida. In subordine dovrà vedere se esistono nomi alternativi come candidati premier, e qui è in ballo lui stesso o esponenti del suo partito (Di Maio in primis). Infine, se le prime due ipotesi dovessero rivelarsi deboli o inesistenti, dovrà verificare se sussiste l’ipotesi del governo del Presidente o del Governo Tecnico. In tutti questi scenari un dato è certo, Matteo Renzi, sarà della partita, il che è una sua indubbia vittoria.
Escludendo il ricorso alle elezioni, perché lo sconsiglia la pandemia, perché la crisi non consente perdite di tempo prezioso e, soprattutto, perché lo impedisce l’interesse personale di almeno quel 40% di deputati che già sa di non essere più eletto alle prossime consultazioni, e dando per molto complicato un Conte-ter (la crisi nasce con lui quindi non si vede come possa risorgere) a questo punto, le soluzioni non sono che due: o un governo grillino (Di Maio, Fico o anche Patuanelli) oppure un governo tecnico a base allargata (centristi e anche berlusconiani). Vediamo cosa è a vantaggio della prima ipotesi e cosa a vantaggio della seconda.
Un governo a guida 5Stelle per Beppe Grillo sarebbe il coronamento di un sogno. L’acme di un progetto politico partito col “Vaffaday” ma che già da allora puntava a portare al potere il popolo del web. Morto Casaleggio, il secondo padre nobile del movimento, in queste settimane è stato lungamente in silenzio, ma c’è da essere certi che la sua analisi l’avrà fatta e avrà capito che difficilmente alla sua creatura e ai suoi ragazzi capiterà di nuovo di avere Palazzo Chigi a portata di mano. Un sogno, quello di Grillo, accarezzato il giorno dopo il voto, impedito da Salvini che di fatto pretese come mediazione un capo di governo tecnico (Conte!) e poi svanito. Ora la presidenza del consiglio è lì: Salvini non c’è più, Conte è stato defenestrato (dall’odiato Renzi) e Fico, uno degli allievi prediletti, ha il mandato esplorativo. Il Pd, poi, se gli sistemi un po’ dei loro e gli dai spazio sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica (Franceschini?), certo non si opporrà ad un governo a guida pentastellata.
Ma quando gli ricapita ai grillini un’occasione del genere? La domanda è retorica, ma la soluzione oggettivamente non è facile. Di Battista, il contestatore che ha scommesso sul restare fuori dal governo e quindi con le mani libere, ha già detto chiaro e tondo che se il costo di un governo è rifare pace con Renzi lui se ne va. E così Morra e così tanti altri. Insomma, il Movimento potrebbe pagare la presa di Palazzo Chigi con forti lacerazioni interne, se non con vere e proprie spaccature. La partita di Fico è tutta qui. La sua capacità consisterà nel trovare un nome di equilibrio tra le varie anime del movimento in modo da evitare di perdere pezzi.
Se questa strada dovesse fallire, non resterà che il governo istituzionale o tecnico, che dir si voglia. Qui i nomi sono diversi e i percorsi che li caratterizzano altrettanti. Marta Cartabia è una bella suggestione e ha tre asset: è donna, è giudice, ha competenze istituzionali. Ma non ha esperienze amministrative, né politiche e di economia, aziende, territorio e Recovery plan vari ne sa molto poco. Poi c’è Mario Draghi, oggi forse l’italiano più competente in materie economiche e comunitarie e il più riconosciuto e apprezzato a livello internazionale. Non piace ai grillini di base e ai pochi democratici radicali, ma sarebbe il leader perfetto per un governo di unità nazionale che punti veramente a rilanciare il paese. Quel “governo dei migliori” che potrebbe trovare sostegno non solo tra i centristi ma anche nella compagine berlusconiana. Infine, ci sono voci che sostengono la possibilità che alla fine anche altre personalità tecniche possano uscire dal cilindro di Fico. Tra queste sembra ci possa essere anche Fabrizio Palermo, attualmente amministratore delegato di Cdp. E’ un tecnico puro, con un cv professionale tutto economia e aziende, che in questo contesto appare come un vero e proprio outsider.
Come è del tutto evidente, la partita di Fico non è delle più agevoli. Tuttavia giova ricordare che il Presidente Mattarella non è uomo da salti nel vuoto. Il suo breve discorso post consultazioni ha fatto chiari riferimenti ad una situazione grave che non ammette situazioni pasticciate. E questa è una strada da seguire attentamente. Perché la costituzione, cioè le regole del gioco, e i numeri in parlamento sono le sole cose che alla fine possono districare le matasse più complicate. E sono le sole cose che Mattarella, come la maggior parte dei suoi predecessori, dimostra di voler usare. Dunque alla fine la partita si chiuderà sulla soluzione più efficace e credibile per il paese. E magari quello che a molti oggi sembra soltanto un rito bizantino, una perdita inutile di tempo, nel giro di pochi giorni potrebbe rivelarsi il solo metodo che nel rispetto delle regole e dei numeri porti ad un Governo più autorevole e qualificato del precedente e, soprattutto, in grado di dare risposte reali ed efficaci alle reali esigenze della gente.
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