di Guido Talarico
La storia del movimento femminista eritreo è di grande fascino perché nasce nelle pieghe di una lunga guerra civile, ma è anche una vicenda che all’epica rivoluzionaria ha sommato sostanza, vale a dire tanti risultati concreti ottenuti in favore delle donne. Non a caso il movimento ha la formula giuridica del sindacato, la National Union of Eritrean Women (NUEW). Per celebrare i 40 anni di vita e di attività, incontrando sia le donne eritree che vivono in patria che quelle della diaspora, il NUEW ha organizzato a Rimini un grande incontro internazionale il cui esito ci è stato raccontato dalla Presidente Tekea Tesfamicael, che è venuta da noi in redazione per fare un po’ il bilancio delle celebrazioni ma soprattutto di quarant’anni di attività.
“Il nostro è un movimento di liberazione che è nato al fronte – ci ha raccontato Tesmicael – le donne eritree erano in prima linea contro il nemico. In tutto abbiamo rappresentato quasi il 30% dei combattenti, abbiamo fatto di tutto per il nostro paese, poi, dopo quell’esperienza cruente, difficile ma vittoriosa è diventato quasi naturale avere un trattamento più equo, una parità di genere come prima non esisteva”.
“Venivamo da una gestione patriarcale della società – prosegue la presidente di NUEW – le donne erano sottoposte a padri e mariti. La guerra e la rivoluzione hanno cambiato tutto. Dimostrammo sul campo e nei fatti che la parità era un obbligo irrimandabile, così le cose cominciarono a cambiare. Prima del 1979 le donne non avevano istruzione, non potevano possedere case e terreni, non potevano scegliere e decidere. Dopo la guerra cominciò un processo di parificazione che non si è ancora interrotto e che oggi fa dell’Eritrea una nazione tra le più attente al mondo alla questione femminile, dimostrando un alto concetto della donna e tutelandone i diritti”.
Tekea Tesfamicael è comprensibilmente molto contenta del percorso che è stato fatto e si vede. Quello eritreo del resto per la parità di genere è un modello non solo per l’Africa. Lei, che era sui monti a lottare per l’indipendenza della sua terra e del suo popolo, quando parla di quegli anni e del lavoro fatto per le donne si illumina, manifesta una passione e una fierezza che hanno radici profonde.
“Il nostro governo con in testa il nostro Presidente Isaias Afewerki – spiega – ha fatto moltissimo in questi anni. Ha difeso il suo territorio, il suo popolo ma si è anche occupato di questioni sociali fondamentali. Terra e acqua per tutti, presidii ospedalieri in tutto il paese, infrastrutture che hanno consentito mobilità. Non sono stati anni facili perché siamo sempre rimasti in guerra a difendere i nostri confini, ma è stato fatto un grande lavoro per tutti e le donne ne hanno molto beneficiato”.
E qui, questa signora piena di grinta ed energia, comincia a parlare dei diritti che il sindacato delle donne ha conseguito. Una narrazione analitica, punto su punto, risultato su risultato, che dimostra tutta l’importanza del percorso fatto.
“Sono state abolite tutte le mutilazioni fisiche che le donne eritree pativano da secoli, sono stati eliminati i divieti di genere, sconfitti i pregiudizi – racconta Tesfamicael, che poi fa degli esempi concreti – prima della rivoluzione soltanto gli uomini potevano possedere della terra. Ora no le donne possono avere terra, coltivarla, avere soldi, essere autonome, avere diritto alla formazione scolastica e universitaria. Questo genere di cose ha colmato divari, ma su certi fronti siamo andati anche avanti a realtà come è quella europea. Oggi nel nostro paese la parità salariale è garantita mentre come sappiamo in molti paesi occidentali le donne a parità di prestazione ancora guadagnano di meno”.
Tesfamicael è una donna concreta, sa che il percorso del suo paese è ancora lungo, e infatti dice che dopo la pace con l’Etiopia “ora la nostra priorità è creare sviluppo e crescita economica”, ma sottolinea con gioia come in Eritrea, a differenza di tanti altri paesi africani, pure esistendo almeno nove gruppi etnici diversi la gente vive in armonia avendo come obiettivo soltanto quello di tenere unito il paese e di migliorarlo. “Il nostro sindacato – conclude l’intervista con un grande sorriso – conta 340mila iscritte. In ogni singolo villaggio c’è una nostra rappresentanza. Al Governo abbiamo cinque ministre, Fozia Mashim alla Giustizia e Amina Nurhisen alla Salute, oltre alle Ministre del Turismo, del Lavoro e del Wellfare. A Rimini ci siamo ritrovate in 1.500”. Non lo dice ma si percepisce che lo pensa. Allora lo diciamo noi: anche con le donne l’Eritrea ha fatto un piccolo miracolo.