di Benedetta Ciavarro
L’improvviso avvento del virus SARS-CoV-2 ha sconvolto la nostra vita in tutti i suoi aspetti. La micidiale malattia che deriva da questo virus, il Covid-19, ha provocato in tutto il mondo la morte di oltre un milione di persone. E purtroppo questa via crucis non è ancora finita. Ma non è solo la morte causata dal virus a spaventare. Le profonde alterazioni del nostro quotidiano, le rinunce, i sacrifici, i dolori, il dover mutare i comportamenti sociali e familiari più importanti ed essere costretti al “distanziamento”, tutto questo desta grande preoccupazione. Uno spavento sordo che si annida nell’inconscio di molti di noi, acuendo, bollettino dopo bollettino, il timore di dover affrontare un futuro misero ed incerto.
Quando sono apparsi i primi segni del virus a febbraio, per molti le ripercussioni personali sembravano sia lontane che impossibili. Come si poteva immaginare che presto il mondo intero si sarebbe paralizzato? Eppure, nonostante l’impreparazione e l’evidente sorpresa, il virus ci ha costretto a pescare nella memoria, nel nostro vissuto millenario. Molte delle scelte che abbiamo compiuto a caldo e molte delle deduzioni che abbiamo fatto per affrontare la pandemia derivano infatti da esperienze passate, alcune lontanissime.
La storia come sempre ci illumina. A riguardarla, anche per sommi capi, vedremo che l’uomo nel suo lungo cammino in più di una circostanza si è trovato a dover affrontare pandemie tipo Covid-19. C’è anche qualche testimone diretto di due clamorose epidemie. Il rarissimo esempio è quello delle due ultra centenarie americane Mildred Geraldine Schappals e Marilee Shapiro Asher, entrambe sopravvissute sia all’influenza spagnola del 1918 che al Covid-19. Oltre a loro però non sono molti i testimoni in grado di poter descrivere cosa significhi sopravvivere a due pandemia. Eppure, come dicevamo, la storia è piena di pestilenze e pandemie che hanno fatto stragi. Nel corso dei secoli vi sono state decine di altre pandemie che oggi possono fornire dettagli interessanti su questi avvenimenti. Tracciarne un breve resoconto, ripercorrere le vicende di malattie che hanno prostrato l’umanità può essere un modo per avere sia migliore comprensione di questi mortiferi fenomeni, ma anche per farci coraggio, per ricordarci che alla fine l’uomo è sempre stato in grado di reagire, di trovare forze e anticorpi giusti e di ricominciare. Avventuriamoci in questa piccola carrellata.
La (presunta) peste di Atene (430 — 426 a.C.): I racconti della diffusione di virus con sintomi simili a quelli del Covid-19 hanno un’origine davvero lontana. Si parla del 430 a.C. ad Atene, dove la Guerra del Peloponneso accelera gli spostamenti dei soldati e con essi il virus, che sembrerebbe originare in Africa. Non ci sono informazioni precise neanche sulla natura di questo virus, messo in discussione da teorie per le quali si sarebbe trattato di febbre tifoide o di vaiolo. Lo storico Tucidide ne lascia una testimonianza cruda e spaventosa: la medicina dei tempi non fu in grado di capire cosa stesse succedendo. Le stime sono approssimative ma girano intorno alle 100.000 vittime. Di questa strage rimane impressa nella memoria collettiva una illuminante frase dello stesso Tucidide il quale disse che “Atene non fu uccisa dalla peste, ma dalla paura delle peste”.
Le successive pandemie di peste: A Roma, ci furono vari periodi segnati da epidemie che rimangono ancora poco dettagliati. Vale comunque la pena nominare la Peste Antonina (165 — 168 d.C.), che causò la morte di oltre 5 milioni di persone, e dei quali i sintomi, descritti da un medico acuto quale fu Galeno, furono collegati anch’essi al vaiolo e al morbillo.
La peste di Giustiniano (541 d.C) fu invece la prima epidemia di peste della quale sono rimaste più informazioni. Apparve quando l’Imperatore Giustiniano era a capo dell’Impero Bizantino. In questo caso oltre 4 milioni di persone non riuscirono a sopravvivere e l’Impero si indebolì molto mettendo le basi che lo portarono al suo crollo. Le conseguenze economiche negative di questa pestilenza sull’impero di Giustiniano ricordano in qualche modo ciò che la crisi da Covid-19 sta producendo sull’economia globale. L’economia evidente che se ne ricava è che un popolo fiacco e ammalato, produce inevitabilmente un’economia misera e debole.
La peste nera (1346 — 1353) arrivò in un momento in cui la malattia era già conosciuta, anche se sempre considerata incurabile. La diffusione fu velocissima ed anche per questo motivo provocò la morte di almeno 20 milioni di persone in Europa. Le scarse condizioni igieniche non aiutarono, le società arrestarono il loro andamento e provocarono una forte diminuzione dell’inquinamento dell’aria. Nel 1400, fu coniato l’idea di “quarantena” proprio nel ricordo del periodo della peste nera: a Venezia, le navi dovevano essere isolate per quaranta giorni prima di poter sbarcare per verificare che i sintomi della peste non si sviluppassero a bordo dell’equipaggio.
Le ricorrenti pandemie da tifo: Definita anche “febbre navale”, fu un virus che colpì l’Europa per la prima volta nel 1489 in Spagna causando 20.000 morti. La sua ricorrenza deriva dal suo forte sviluppo durante i periodi di guerra, in particolare dentro le navi e le prigioni. L’Europa fu anche trasportatrice di virus nei popoli indigeni nell’epoca delle conquiste, creando numerose epidemie e pandemie. Il vaiolo colpì Hispaniola, il Messico e il Perù nei primi decenni del 1500. Per debellarlo, fu inventato il primo vaccino, anche se non fu efficace immediatamente. Il morbillo invece portò alla morte oltre 2 milioni di Messicani nel 1600.
L’influenza spagnola (1918 — 1919): Il nome di quest’influenza non deriva dall’origine del virus, bensì dalla posizione ricoperta dalla Spagna durante la guerra. Data la sua neutralità, la Spagna fu l’unica a diffondere dati reali sui contagi a differenza dei paesi in guerra che ne minimizzavano o censuravano l’importanza. Molti sistemi sanitari in realtà collassarono e furono stimate 50 milioni di vittime, se non di più.
L’influenza asiatica (1957 — 1960): Di origine aviaria, questo virus (il virus influenzale A (H2N2)) colpì tutto il mondo e si diffuse molto velocemente. Il precedente spagnolo ha contribuito molto al rallentamento della pandemia, ma le vittime furono comunque due milioni. Morirono molti giovani perché non erano protetti da anticorpi dovuti a precedenti influenze e pandemie, e i sintomi sfociavano in polmoniti letali.
L’influenza di Hong Kong (1968 — 1969): Un altro ceppo influenzale (H3N2) che emerse a Hong Kong e raggiunse presto gli Stati Uniti, dove causò 50.000 vittime. In Italia furono 20 mila e nel mondo più di un milione. Questa influenza colpiva i polmoni, con sintomi febbrili e respiratori che raggiungevano i più deboli (anziani e neonati). Si presume che la mortalità non fu alta quanto quella delle precedenti epidemie perché si erano sviluppati anticorpi più resistenti. Eppure, si accusò comunque l’OMS e i governi coinvolti di avere minimizzato la situazione per evitare il rallentamento o la chiusura delle economie.
L’influenza suina (2009 — 2010): Una pandemia che molti di noi ricordano arriva dal Messico nel 2009, ed è chiamata influenza suina (H1N1) perché i primi casi sembrano provenire da questi animali. In verità, si tratta di una combinazione di virus influenzali sia animali che umani, che si trasmette facilmente con contatto e umano e provoca sintomi simili a quelli dell’influenza. I più colpiti furono i gruppi di età adulta dato che i più anziani erano riparati da precedenti vaccini anti-influenzali. Le vittime furono tra le 200.000 e 400.000.
Tutte queste epidemie hanno cambiato il corso della storia in più modi, lasciandosi dietro molte vittime premature ma anche tanti insegnamenti. Difatti, è anche grazie a questi avvenimenti che oggi sappiamo come muovere i primi passi quando un pericolo simile è dietro l’angolo. L’uomo ha fatto sacrifici e ricerche per arrivare dove è oggi. Forse non ce lo ricordiamo ma abbiamo imparato da passato e in buona parte sappiamo che cosa aspettarci e come agire per debellare un virus. È anche vero che ognuna di queste malattie ha le sue proprie caratteristiche e si adatta all’ambiente che le circonda, muovendosi al passo con il mondo in cui nasce. La velocità della nostra vita e la globalizzazione del nostro mondo è una grande forza, ma non aiuta di certo a contenere un virus, che in passato avrebbe oltrepassato l’oceano dopo mesi. Eppure, queste pandemie hanno anche modus operandi simili: l’origine animale, le condizioni igieniche sfavorevoli, la trasmissione rapida tramite contatto umano, le problematiche economico-sociali, la confusione e la paura. È naturale per l’uomo temerle, benché da questo sentimento è nata una forte consapevolezza che ci invita a non ripetere gli stessi errori. Le pandemie sono parte della nostra storia, e se dobbiamo imparare a gestirle e il più possibile prevenirle, dobbiamo anche metabolizzare l’idea che da queste si rinasce. Occorre imparare non solo a sopravviverle, ma anche a credere in una futura rinascita che è sempre avvenuta. Per farlo, c’è chi più di altri ha la responsabilità di favorire questo processo guardando al futuro: sono i nostri governi, le nostre istituzioni internazionali e chi parla ai cittadini.
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