Nonostante le promesse rinnovate negli ultimi anni, gli attuali piani legati al cambiamento climatico sono drasticamente inadeguati. Ci troviamo sulla strada verso un aumento delle temperature medie globali tra 2,5 e 2,9 gradi entro la fine del secolo. Questa situazione ci proietta ben al di là della soglia sicura indicata dalla scienza, ossia 1,5 gradi, per prevenire gli effetti catastrofici del riscaldamento globale. L’onere della denuncia cade sul programma Onu per l’ambiente, l’Unep. Intanto Oxfam redige un rapporto in cui individua i super ricchi come responsabili di un elevato livello di inquinamento
di Mario Tosetti
A livello globale, la corsa per controllare il cambiamento climatico è molto lenta. Secondo l’Emissions gap report 2023, se gli attuali impegni presi senza l’aiuto di finanziamenti esterni si realizzassero, riusciremmo a limitare l’aumento delle temperature a 2,9 gradi. Anche con il finanziamento esterno, saremmo ancora troppo “caldi”: l’aumento sarebbe di 2,5 gradi. Questi risultati inquietanti emergono a poche settimane dal vertice sul clima a Dubai, la Cop28.
Secondo l’Unep, persino nel miglior dei casi, se gli attuali impegno tenessero conto dell’obiettivo di azzerare le emissioni di gas serra, non riusciremmo a limitare l’aumento della temperatura a meno di 2 gradi. Ma neanche questo scenario è considerato realistico, in quanto nessuno tra i Paesi del G20 sta attuando misure sufficienti per ridurre le emissioni al ritmo necessario. Anche in un quadro così ottimista, le possibilità di tenere il riscaldamento globale sotto i 1,5 gradi sono del solo 14%.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha definito questa situazione come un fallimento delle leadership globali, un tradimento nei confronti delle popolazioni più vulnerabili e una monumentale occasione perduta. Il Direttore esecutivo dell’Unep, Inger Andersen, ha sottolineato che il cambiamento climatico ha ripercussioni su ogni individuo e su ogni economia, pertanto dobbiamo agire per impedire l’aumento delle emissioni di gas serra e delle temperature mondiali.
Nessuno sfugge alle influenze del cambiamento climatico. E’ quindi necessario limitare l’aumento delle emissioni di gas serra e delle temperature globali. Il 2023 potrebbe divenire l’anno più caldo mai registrato, un record che potrebbe durare ben poco. Il timore è che l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi sia ormai fuori portata e che la temperatura debba forzatamente superare la soglia critica prima di poter diminuire.
Secondo il rapporto Unep, nei primi nove mesi del 2023 si sono registrati 86 giorni in cui la temperatura superava di 1,5 gradi i livelli preindustriali. Settembre 2023 è stato il mese di settembre più caldo di sempre, con una media di temperature globali superiori di 1,8 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
L’aumento delle temperature globali non è completamente imputabile alla natura, ma alle emissioni di anidride carbonica, che continuano ad aumentare invece che diminuire. Tale discrepanza rivela la distanza tra le nostre ambizioni e la realtà dei fatti. “Se le temperature medie raddoppiano, la minaccia diventerà insostenibile”, afferma Niklas Höhne, fondatore del NewClimate Institute e co-autore del rapporto dell’Unep.
Un recente rapporto rilasciato dall’Intergovernmental panel on climate change dell’Onu conferma questi dati. Secondo questo documento, le emissioni globali di gas serra sono destinate ad aumentare del 9% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010, a meno che non diminuiscano del 45% per tenere l’aumento delle temperature a 1,5 gradi.
Se vogliamo affrontare seriamente la crisi, è necessario abbandonare l’uso dei combustibili fossili, una prospettiva che presenta molte sfide data la forte dipendenza di importanti economie globali, come Cina e India, dal carbone, una fra le più nocive delle fonti di energia fossile. L’Europa, ancora una volta, si fa trovare impreparata, costretta a ripiegare sui combustibili fossili per far fronte alla crisi energetica scatenata dall’aggressione russa in Ucraina.
Per anni, ci siamo battuti per costruire una fondamentale transizione verso un futuro senza combustibili fossili, con l’obiettivo di salvare innumerevoli vite e preservare il nostro pianeta. Tuttavia, come dichiara Francesco Petrelli, rappresentante di Oxfam Italia, raggiungere questo obiettivo sembra essere un’impresa insormontabile se non affrontiamo la costante concentrazione di reddito e ricchezza, che si traduce in un aumento delle disparità economiche e accelera i ritmi del cambiamento climatico.
“I più abbienti stanno depredando e inquinando la Terra e, se lasciati indisturbati, rischiano di ridurla in rovina. L’umanità sarà poi costretta a far fronte a estreme ondate di calore, inondazioni e siccità che stanno diventando sempre più frequenti e devastanti,” sostiene Petrelli.
Il rapporto, sviluppato in tandem con l’Istituto Ambientale di Stoccolma (SEI), fornisce una disamina dettagliata dei livelli di emissioni relative a differenti fasce di reddito nel 2019 – l’ultimo anno per il quale abbiamo informazioni aggiornate. Pone in risalto il marcato contrasto tra l’impronta di carbonio delle fasce di reddito più elevate e quella delle restanti fasce della popolazione globale, a causa dei loro rispettivi stili di vita, schemi di consumo e investimenti in settori altamente inquinanti.