Leonardo Montesi, founder e Ceo di TEP Renewables: “Il 2023 sarà l’anno della nostra definitiva consacrazione. Ma negli ultimi due anni l’Italia ha fatto molto meno della metà di quello che avrebbe dovuto e potuto fare per restare in traiettoria rispetto al traguardo 2030

Leonardo Montesi TEP Renewables

di Guido Talarico

Nel 2022 il tema dell’energie è stato centrale nella vita dei cittadini comuni come nelle scelte di molti governi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha infatti innescato una crisi energetica che inevitabilmente ha cambiato gli scenari e stravolto i mercati. Il comparto delle rinnovabili è finito sotto i riflettori perché finalmente percepito per quello che è, vale a dire un’ottima alternativa alle energie fossili. In questo senso la guerra, pur nella sua drammaticità, poteva essere considerata una spinta al cambiamento, una ragione per portare il mercato verso sistemi di produzione più sostenibili. In parte è successo. Ma non tutto ha funzionato come avrebbe potuto e dovuto andare. Le rinnovabili sono cresciute, ma la spinta al cambiamento che era giusto attendersi non c’è stata. Per capire come sono andate le cose ne abbiamo parlato con Leonardo Montesi, fondatore e Ceo di TEP Renewables, una multinazionale emergente di questo settore che ha sede in Inghilterra ma che vanta una presenza importante anche in Italia.

Cominciamo da voi. Come è andato per TEP Renewables il 2022?

Il 2022 è stato un anno complessivamente positivo, in cui abbiamo migliorato sensibilmente la performance rispetto all’anno precedente anche se alcune circostanze esterne hanno interferito con un ordinato svolgimento dell’attività e il raggiungimento di alcuni obiettivi strategici che ci eravamo prefissi. I risultati raggiunti nelle ultime settimane, grazie all’impegno e all’abnegazione del nucleo aziendale storico, ci fanno però guardare con grande fiducia al futuro. Possiamo dire con certezza che il 2023 sarà l’anno della definitiva consacrazione di TEP Renewables.

Allarghiamo lo sguardo, dal suo punto dei vista qual è lo stato della transizione ecologica nel mondo? 

Appena due anni fa si parlava di transizione ecologica e digitalizzazione come delle due direttrici di un colossale piano di ripresa e ricostruzione che avrebbe dovuto fare ripartire l’economia mondiale dopo la pandemia. L’Europa aveva addirittura varato un’accelerazione degli accordi di Parigi, con l’obiettivo “fitfor55”, ossia la riduzione del 55% delle emissioni dei gas serra rispetto ai livelli segnati nel 1990, da conseguire entro il 2030 e la neutralità energetica entro il 2050. Oggi il contesto è completamente cambiato, al punto che gas e carbone sono entrati nella tassonomia verde europea e l’Inghilterra, a distanza di 30 anni dall’abbandono del carbone, ha autorizzato la costruzione di una nuova miniera in Cumbria. Insomma, le forze della conservazione sono tornate prepotentemente alla ribalta ottenendo, di fatto, una sospensione della transizione ecologica e il ritorno al fossile in attesa del nucleare di nuova generazione.

L’Italia è l’obiettivo da 7 GW di nuovi impianti rinnovabili da realizzare all’anno. Come stanno le cose?      

Nei due anni che sono già trascorsi l’Italia ha fatto molto meno della metà di quello che avrebbe dovuto e potuto fare per restare in traiettoria rispetto al traguardo 2030 ed è già cominciata la caccia ai responsabili del fallimento. Da qui ad allora qualcosa si farà pure ma ormai si fa fatica a credere a un’Italia veramente e convintamente impegnata a raggiungere l’obiettivo. La transizione energetica in Italia è relegata a materia da convegni per gli addetti ai lavori.

 

Sono cambiati in Italia, in meglio o in peggio, gli iter amministrativi e le procedure per ottenere le autorizzazioni necessarie ad implementare nuovi impianti rinnovabili?

Chi ha pensato che una commissione centrale di 40 membri (poi rimasti 30) potesse svolgere meglio un’attività di valutazione faticosamente assolta prima da 20 amministrazioni regionali ha dimostrato di non conoscere minimamente il Paese reale e le sue dinamiche. La cruda realtà è che a 18 mesi dall’entrata in vigore del cosiddetto decreto semplificazioni nessun progetto presentato al MiTe (ora MASE) è ancora stato autorizzato (dove per autorizzazione si intende evidentemente il permesso di costruire). Il Ministero è partito con 6 mesi di ritardo e non ha abbastanza funzionari per istruire le pratiche, o almeno non al ritmo con cui vengono presentate. La Commissione Pnrr-Pniec produce pareri VIA per impianti FER a passo di lumaca (su 20 istanze che abbiamo presentato in 18 mesi solo una è arrivata per il momento al parere VIA) che vengono comunque sistematicamente smontati dal Ministero della Cultura attivando un arbitraggio a livello della Presidenza del Consiglio dei Ministri che richiede tempi decisori non inferiori ai 12 mesi. Di legge sulle aree idonee non se ne parla più mentre la legge sulle CER, a 12 mesi dall’uscita decreto REDII, è ancora impantanata nelle dinamiche della consultazione pubblica e non uscirà forse prima di marzo-aprile 2023. L’Italia le sembra un Paese seriamente impegnato in una transizione ecologica?

C’è in Italia reale comprensione degli obiettivi 2030 fissati dalla Comunità Europea in materia di sostenibilità ambientale?    

Poca. Nel dibattito pubblico italiano si sono annidati dei veri e propri bug informativi e culturali che vogliono fare credere all’opinione pubblica che siano le rinnovabili il vero nemico dell’ambiente e del paesaggio. O che, se dessimo davvero retta a chi le vorrebbe far crescere più del dovuto, manderemmo in miseria migliaia di famiglie italiane. O ancora, che queste fonti non possano tecnicamente essere la spina dorsale di un moderno sistema energetico e che, per garantirne la sicurezza e la stabilità, non sia possibile rinunciare a fossili e nucleare.I piani di Tep Renewables per il futuro?

Tep Renewables è un’azienda nata nel terzo millennio e proiettata nel futuro grazie a una sincera passione per l’innovazione e la sostenibilità. Continueremo a crescere ed ottenere risultati facendo leva sulle caratteristiche distintive del nostro modello agrivoltaico e aumentando la presenza nei mercati europei ad alto potenziale, quali tra l’altro Romania, Polonia e Bulgaria. Dalla sua costituzione nel 2019, Tep Renewables ha sviluppato 1,5 GW di progetti fotovoltaici in un ristretto numero di paesi, tra cui l’Italia. L’azienda mira a portare il totale di progetti sviluppati a 5 GW entro il 2025, grazie all’espansione della sua pipeline di sviluppo attraverso iniziative greenfield, progetti di co-sviluppo e acquisizioni che saranno finanziate anche con la raccolta di private equity e venture capital sulle piazze di Londra e New York.

Quale è il più grande problema che Tep Renewables dovrà affrontare?   

 Una crescita aziendale molto rapida può causare difficoltà, se non è gestita in maniera adeguata. È importante riuscire a mantenere una visione di medio-lungo periodo, senza lasciarsi travolgere dall’operatività quotidiana. I compiti da svolgere crescono esponenzialmente all’aumentare dei prodotti o servizi offerti e dei clienti da gestire, ma non è detto che un’attività frenetica porti a performance positive per l’azienda, anzi. Un buon imprenditore deve saper dire di no a clienti non in target o ad azioni che non rientrano nella mission dell’impresa. Allo stesso modo, per crescere bene è di fondamentale importanza trovare le risorse umane adeguate e saperle organizzare. Direi quindi che la riduzione del turn-over del personale e il miglioramento dell’insieme di strumenti, regole e processi finalizzati ad una corretta ed efficiente gestione dell’impresa saranno in cima alla nostra agenda strategica per il 2023-2025.

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