di Guido Talarico
Giovanni Tula è il prototipo del top manager Enel: laurea in ingegneria ambientale al Politecnico di Milano, corsi di specializzazione in prestigiosi atenei internazionali (Harvard Business School e UC Berkeley College of Engineering) e un buon bagaglio di esperienze professionali all’estero. Nel Gruppo Enel dal 2010, attualmente ricopre il ruolo di Responsabile della Sostenibilità di Enel Global Power Generation, la business line che si occupa della generazione di energia da fonti rinnovabili – tramite Enel Green Power – e da fonti convenzionali. Lo abbiamo intervistato per approfondire i temi legati alla sostenibilità, all’innovazione e all’uso delle energie rinnovabili in agricoltura.
Agrivoltaico e sviluppo delle rinnovabili: perché questo binomio è così importante nella transizione energetica?
“Per decarbonizzare il settore energetico è necessario ricorrere alle rinnovabili. Ma nel contesto dell’emergenza climatica attuale, dobbiamo sviluppare le rinnovabili in una maniera sempre più ambientalmente e socialmente compatibile, rendendole quindi sempre più sostenibili. Proprio in termini di sostenibilità, l’agrivoltaico rappresenta una soluzione efficace per quanto riguarda l’energia solare, il solare fotovoltaico e il suo sviluppo. È un metodo innovativo in grado di far coesistere efficienza energetica, uso virtuoso del suolo e tutela della biodiversità”.
Qual è, nello specifico, il ruolo che può giocare l’agrivoltaico per un futuro più “green”?
“L’agrivoltaico è un modello che può accelerare l’utilizzo delle energie rinnovabili e, al contempo, abbattere le barriere al loro sviluppo. Il suo plusvalore, nell’ambito dell’energia solare, è l’ottimizzazione dell’utilizzo multiplo del suolo dove sorgono gli impianti, con più attività che incidono sullo stesso appezzamento di terra. Permette quindi di mixare attività di produzione energetica e attività agricole, dando vita a nuovi sviluppi economici che generano profitto per le comunità locali. Un esempio è la creazione di nuovi posti di lavoro dal punto di vista agricolo, perché lo stesso suolo che oggi è occupato per la generazione di energia elettrica sarà in una quota parte significativa utilizzato per l’agricoltura. Nasceranno così figure professionali ibride laddove chi fa le piccole manutenzioni agli impianti si occupa anche di agricoltura”.
Quali sono invece i vantaggi dal punto di vista della sostenibilità ambientale?
“L’agrivoltaico può erogare servizi ecosistemici e migliorare la conservazione della Natura e la biodiversità dei suoli. Ne traiamo già evidenza in uno dei nostri impianti solari negli Stati Uniti, Aurora. Qui, infatti, spingendo al massimo sull’aspetto ambientale, abbiamo piantumato delle piante autoctone per creare non tanto una filiera agricola, quanto un habitat ideale per gli insetti impollinatori che possono quindi migliorare i servizi ecosistemici, a beneficio della capacità di produzione degli agricoltori. Certo siamo ancora in una fase embrionale, ma le capacità di applicazione dell’agrivoltaico sono molteplici e si stanno sviluppando moltissimo. Il nostro obiettivo finale è trovare un modello ottimizzato che riesca a trainare il processo di transizione energetica, coinvolgendo l’agricoltura in una rivoluzione green in grado di incrementare la creazione di valore a tutti i livelli”.
Quali sono le tecnologie impiegate nella realizzazione di un impianto agrivoltaico?
“Esistono diverse tipologie di agrivoltaico. Nell’immaginario comune si pensa a un campo coltivato con dei pannelli solari installati ad un’altezza molto alta e non disposti in maniera fitta, in modo da consentire un agile passaggio ai mezzi agricoli e alla luce di filtrare. Questa è senz’altro una tecnica per favorire la collaborazione tra fotovoltaico e agricoltura, ma noi ci stiamo orientando in un’altra direzione, partendo da una premessa fondamentale: Enel Green Power è un produttore di energia elettrica che sfrutta gli spazi vuoti per fare agricoltura. Per questo stiamo lavorando a una soluzione che vede gli impianti fotovoltaici a terra già ottimizzati sia dal punto di vista della produzione di energia che dello sfruttamento degli spazi agricoli tra e sotto i pannelli. Vi sono infatti alcune colture che potrebbero beneficiare di un certo tipo di ombreggiamento. Il nostro obiettivo è promuovere un’agricoltura innovativa, basata su tecniche all’avanguardia, sullo sviluppo della sensoristica, quindi su un modello completamente nuovo. E le sperimentazioni in atto servono proprio a stabilire quale sia l’ottimo di questo nuovo modello”.
Avete in corso collaborazioni per favorire lo sviluppo dell’agrivoltaico?
“Enel ha adottato da diversi anni un approccio di “Open Innovation”: l’obiettivo è fare innovazione attraverso collaborazioni e partnership nei vari settori. Individuiamo quindi le migliori competenze, nel caso dell’agrivoltaico quelle agricole, per poi fonderle con le nostre competenze elettriche, alla ricerca di soluzioni all’avanguardia. Ci rivolgiamo alle università, in particolare quelle locali, che hanno una conoscenza specifica del territorio dal punto di vista agricolo; lavoriamo con i centri di ricerca e con altre imprese che possono avere interessi convergenti. Collaboriamo poi con molte start up, in un’ottica di stimolazione continua dei mercati e di abbattimento delle barriere allo sviluppo dell’agrivoltaico. Con alcune di loro, ad esempio, stiamo cercando di sviluppare dei sensori che siano in grado di rilevare l’umidità del suolo, di gestire i fertilizzanti e di fare tutto quel che serve per far sì che le coltivazioni rendano al meglio, in modo da massimizzare la produzione agricola”.
Sul tema dell’occupazione del suolo c’è molta disinformazione e alcuni miti da sfatare. Come fare chiarezza e quindi anche promuovere i benefici dell’agrivoltaico?
“I timori verso i cambiamenti sono naturali, oltre che del tutto umani. È comprensibile, dunque, che ve ne siano anche rispetto al tema della transizione energetica, ma occorre circostanziare i fatti e capire in maniera razionale quali siano davvero i temi da affrontare. Relativamente all’occupazione del suolo, per esempio, in accordo con il “Piano nazionale energia e clima 2030” si prevede che il suolo occupato dall’intera capacità solare in Italia alla fine del decennio non sia nemmeno la metà rispetto a quello utilizzato per piazze o parcheggi. L’idea che il nostro Paese si vada a riempire di pannelli solari è quindi estremamente non veritiera. E’ stato infatti calcolato che tutti gli impianti rinnovabili attesi al 2030 per far fronte agli obiettivi nazionali, avranno un impatto sul suolo pari a meno dello 0,5% e poco meno dell’1% di tutti i terreni agricoli. Oltre a queste evidenze confortanti, siamo confidenti che queste soluzioni tecnologiche potranno rendere ancora più sostenibile lo sviluppo di impianti solari fotovoltaici.
Noi chiederemo ai coltivatori di aiutarci a fare agricoltura dentro l’impianto fotovoltaico. Vogliamo creare con loro una vera e propria comunità, collaborando con le aziende agricole sin dal momento in cui sviluppiamo un impianto fotovoltaico”.
Come può un’azienda agricola interessata al vostro modello di sviluppo sostenibile mettersi in contatto con voi?
“Spesso siamo noi che ci mettiamo in contatto con i nostri partner, ma chiunque voglia contattarci e voglia aiutarci a sviluppare questo nuovo modello può farlo in due principali modalità. Innanzitutto attraverso la nostra piattaforma di crowdsourcing “Open Innovability”, uno spazio aperto a tutti e in cui ascoltiamo qualsiasi proposta e collaborazione di tipo innovativo; il modulo di accesso è molto semplice e intuitivo e consente di stilare la proposta di collaborazione e successivamente di essere ricontattato da Enel. E poi tramite la pagina del sito Enel Green Power dedicata alla ricerca di proprietari di terreni interessati a dare nuova vita a progetti rinnovabili in Italia; qui le aziende possono contattarci tramite l’apposito form.
(Associated Medias)